Cambio di passo
Livorno – Il calcio italiano, a livello internazionale, ha concluso la stagione 2022-23 perdendo tre finali di Club, la finale del mondiale Under 20 e la semifinale della Nations League con la Nazionale maggiore. Non c’è nessuna relazione, chiaramente, fra queste sconfitte e soprattutto tra queste squadre. Eppure non può sfuggire che il male comune, in tutte queste competizioni, è che le formazioni italiane non sono riuscite a superare l’ultimo e decisivo ostacolo.
L’Italia non è stata presente agli ultimi due Mondiali. E’ dal 2014 che la Nazionale maggiore non partecipa ai Campionati del Mondo. Se nel 2026 sarà al via dei Mondiali che si svolgeranno negli Stati Uniti con gare anche in Canada e Messico, cosa che ci aspettiamo perché il numero delle partecipanti salirà nell’occasione da 32 a 48, saranno ben dodici gli anni di assenza dell’Italia dai Mondiali. Nel frattempo una generazione di bambini sarà diventata una generazione di adolescenti senza mai aver visto gli Azzurri giocare nel torneo calcistico più importante del mondo. Una circostanza resa ancora più amara dal fatto che la Nazionale non partecipa alle Olimpiadi addirittura dal 2008.
I motivi di questa crisi stanno nelle scelte sbagliate effettuate dai dirigenti del calcio italiano negli ultimi quindici anni. Le sane regole che guidavano il movimento calcistico, la valorizzazione dei giovani, la capacità di salvaguardare anche le società medio-piccole, hanno lasciato il campo a un sistema autoreferenziale, incapace di fare autocritica, dove i ragazzi italiani vengono sacrificati ai giovani stranieri in nome di una libertà di movimento che in realtà cela interessi economici, dove non si riesce a congedare un commissario tecnico che fallisce la qualificazione ai Mondiali, dove la sperequazione tra forti e deboli si è accentuata con il passare degli anni, dove la recente riforma dello sport sembra concepita a svantaggio del mondo dilettantistico che, in teoria, dovrebbe tutelare e riorganizzare per migliorarlo.
L’Italia deve tornare ad essere l’Italia, il Paese che nel calcio è esempio e punto di riferimento. Ma perché ciò avvenga occorre un sano quanto radicale cambio di passo.