Se non ora, quando?
Livorno - Con la sconfitta netta di ieri, domenica 30 aprile, il campionato del Livorno si avvia al tristissimo finale. Sulla partita si sono espressi molti commentatori. La batosta era nell’aria. Respiravamo l’acre odore della disfatta sin dai primi minuti del dopo partita di Poggibonsi. Anche la conferenza stampa di sabato, ascoltando le dichiarazioni di mister Collacchioni, mi aveva dato la sensazione di essere uno degli ultimi attimi di un condottiero che non ha più nulla da condurre, allenatore di un gruppo sbandato, con la testa in modalità vacanza, per non dir di peggio.
Certo, la matematica tiene ancora in vita il lumicino degli amaranto e, probabilmente, incontrando un Gavorrano quasi certo del terzo posto, se il Flaminia dovrà sudarsela contro il Città di Castello, un punticino potrebbe bastare ad inserirsi nel lotto delle quattro squadre che disputeranno gli spareggi per entrare nella quasi inutile lista di attesa con la certezza che, in questo stato di forma, difficilmente sarà superato l’ostacolo Pianese in una gara secca da giocarsi a Piancastagnaio, non a Wembley. L’inutilità di questo inutile torneino di consolazione è confermata dalla vittoria ottenuta lo scorso anno dal Poggibonsi, che poi è rimasto regolarmente a disputarsi la Serie D nel girone del Livorno.
Non è ancora tempo di bilanci definitivi, ma qualche somma siamo già in grado di tirarla. La stagione è da considerarsi mediocre, in linea tuttavia con quanto chi sta scrivendo si immaginava, in base alle valutazioni personali di inizio campionato. Pochi si salvano: Protti fra i dirigenti, capitan Luci, Pecchia e Fancelli tra i giovani, pochissimi altri.
Soltanto un circo mediatico poco conoscitore della categoria, dei suoi dirigenti, di allenatori e calciatori, poteva sperare in un Livorno capace di primeggiare. Potevamo far meglio? Sicuramente sì, se la società avesse scelto, al momento del primo esonero di Collacchioni, un allenatore esperto ed aggiornato di categoria e non avesse dato seguito alla scellerata campagna di rafforzamento (sic!) che alla prova dei fatti si è rivelata una corsa all’indebolimento. Purtroppo, abbiamo letto e sentito di tutto e personalmente credo che, nella mia vita che ormai si avvia al tramonto, mai come in questi due anni mi sono imbattuto in una critica così acritica e fiancheggiatrice, senza se e senza ma, come quella che si è avuta verso l'ormai ex nuovo corso societario, che cammin facendo si è rivelato per quello che era ed è e che gli osservatori più attenti avevano intuito fin da principio: un gigante dai piedi di argilla, poco incline all'empatia, se non verso i soliti noti.
Questa annata dal colore grigio, armocromia che si sposa perfettamente con l’abito immaginario di gran parte dei componenti della Us Livorno 1915, poco idonei ad impegnarsi per rendere simpatica l’avventura della sin qui giovane Unione Sportiva, si sta avviando al termine.
In buona sostanza, alla società, a molti dirigenti e collaboratori, alla squadra, ai suoi tecnici ed a quasi tutti i calciatori, è parsa mancare la componente fondamentale per fare calcio e vincere, il cuore, che invece non è mancata a tutti gli avversari che ci hanno affrontato sin qui, Orvietana compresa, squadra che da queste parti, sulla stampa e le tivù, era stata omaggiata come se fosse stata una formazione di Eccellenza, ma così scarsa che è stata capace di darci lezione di calcio, togliendoci sei punti nelle due partite di campionato!
Ci accingiamo quindi ad attendere il suono del gong finale, con l’auspicio che la nuova proprietà sappia far la necessaria pulizia, staccando nettamente la vita del Livorno targato Esciua dai circoli dei media compiacenti, da coloro che sono propensi all’appoggio fideistico, del chi non è con noi è contro di noi, dalle consorterie politico-amministrative, dal tifo organizzato, sempre pro domo loro. Si contorni di professionisti che sanno come si amministra il calcio del terzo millennio, non guardi in faccia nessuno, non si faccia tirare per la giacca, portare in giro per la città a scoprirne gli aspetti macchiettistici che vengono spacciati per livornesità un tanto al chilo.
Vada dritto, Esciua, diretto come un treno verso lo scopo che i veri tifosi amaranto, quelli che sanno soffrire in silenzio, che non anelano a biglietti omaggio, accrediti vari e pacche sulle spalle, si aspettano. Coraggio, se non ora, quando?