Livorno – In una stagione a dir poco devastata da mille eventi e cento personaggi, i calciatori e il mister sono stati, almeno finora, i meno responsabili di un disastro in cui la realtà ha superato la fantasia. L’allenatore Dal Canto, in questi mesi, è stato spesso il punto di riferimento non solo dei giocatori ma anche dell’intero ambiente. Tifosi e addetti ai lavori lo hanno capito e per questo lo hanno sempre sostenuto, lui ed i suoi ragazzi, molti dei quali formatisi nel vivaio del club, scaraventati in prima squadra talvolta senza un inserimento graduale ma che, nonostante ciò, hanno quasi sempre mostrato grinta, coraggio e determinazione.
Tuttavia la pesante sconfitta rimediata ad Alessandria sul campo della Juve Under 23 fa scattare un campanello d’allarme. L’umiliante punteggio tennistico e l’atteggiamento remissivo ed imbambolato dei giocatori e di un mister che sembrava spaesato, sommati assieme, fanno venire il timore che qualcosa sia accaduto nel gruppo, qualcosa che va oltre la pur evidente ed oggettiva situazione societaria, tanto più che l’orribile prestazione di ieri è arrivata a pochi giorni di distanza dalla scialba gara persa in casa contro il modesto Piacenza.
Sia molto chiaro: da settembre ad oggi, attraverso vari passaggi e nei modi più rocamboleschi, la squadra è stata privata dei suoi elementi migliori. Per nessun allenatore sarebbe facile lavorare in un contesto del genere e quindi non lo è neanche per Dal Canto. Inoltre, sia altrettanto chiaro, è complicato guidare una squadra dove anche numericamente la rosa è limitata, dove ti giri e in panchina vedi tre o quattro ragazzini, come è accaduto ieri e come era già capitato altre volte durante il campionato. Per cui motivi che portano a una parziale comprensione di quanto visto con la Juve Under 23, ci sono.
Eppure, nonostante tutto, il campanello d’allarme sembra trarre origine da altre dinamiche e situazioni. Il carattere di questo gruppo, mutuato dall’allenatore, è sempre stato permeato dalla reattività e dalla capacità di non mollare, non dalla rassegnazione. Invece da qualche settimana il dato caratteriale sembra affievolito e ieri è stato del tutto assente. Lo si era avvertito a Lecco, lo si è capito in casa con il Piacenza, è stato fin troppo evidente ad Alessandria.
Speriamo di sbagliare. Ce lo auguriamo con tutto il cuore. Ma la sensazione è che in questi ultimi tempi qualcosa sia accaduto nel gruppo amaranto, come se Dal Canto non fosse più in grado di trasmettere ai ragazzi quella forza emotiva che ha caratterizzato il suo lavoro fino a qualche partita fa. La mancanza di vis agonistica, contro la Juve Under 23, è stata disarmante. Da ieri molti tifosi si stanno ponendo un quesito: cosa è successo?
A Livorno non viene richiesta la vittoria a prescindere. A Livorno sei amato e rispettato se corri e lotti su ogni pallone, se esci dal campo con la maglia sudata, se dalla panchina trasmetti grinta e carattere alla squadra, in altre parole se onori la maglia. Possiamo perdere, certo, ma con dignità. Quella di ieri, invece, non è stata una partita, ma un’umiliazione. Ciò non va bene. Non ci va bene. E preoccupa.
Non vogliamo mettere Dal Canto, che oltretutto si è assunto la responsabilità della sconfitta, sul banco degli imputati, ne’ lui ne’ i giocatori. Almeno, non adesso. Ci sono dei ragazzi nuovi da inserire e un gruppo parzialmente da ricostruire. Questo non ci sfugge. Ma è innegabile che in campo vanno i calciatori e in panchina siede il mister, per cui è dalla squadra e dal suo allenatore che bisogna partire. Se è vero che Dal Canto è chiamato a ricostruire un gruppo che in cinque o sei mesi è stato sfatto e rifatto, se è vero che anche lo spogliatoio deve ritrovare il proprio assetto, è vero pure che Dal Canto, in questa complessa situazione, deve saper ricostruire anche e soprattutto il carattere del gruppo, la sua forza interiore, al di là dei nomi dei singoli giocatori.
La risposta l’avremo domenica prossima quando all’Ardenza scenderà l’Olbia. In tale occasione, in campo, vogliamo vedere undici leoni, undici guerrieri, undici ragazzi agonisticamente cattivi in grado di seguire gli avversari, metaforicamente parlando, anche negli spogliatoi, se necessario, concentrati e guidati da un mister in grado di prendere per la collottola, sempre metaforicamente, chi non lo segue. Perché non siamo disposti a tollerare un altro oltraggio alla maglia. Questo deve essere chiaro.
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