Intitolata a Massimo Ceccarini l'aula riunioni dell'ospedale di Livorno

26.06.2011 21:42 di  Angela Simini   vedi letture
Intitolata a Massimo Ceccarini l'aula riunioni dell'ospedale di Livorno

Livorno - Il numero di quel cellulare è fisso nella mente del fratello, Marco Ceccarini, giornalista di professione, che in cuor suo spererebbe di "ricevere ancora una sua chiamata", il vescovo monsignor Simone Giusti commenta che "ogni occasione è buona per stare ancora con Massimo e intrecciare la nostra storia con la sua", il sindaco Alessandro Cosimi dice che "Massimo voleva bene alla gente e come tale deve essere ricordato", la madre Corrada lo chiama ancora "il mio bimbo", la moglie Laura evidenzia che "conoscendolo, so che sarebbe contento di sapere che gli hanno intitolato una sala dell’ospedale", i colleghi lo sentono presente nella porta accanto, ma anche gli infermieri e gli ausiliari, nessuno escluso. Chi lo ha conosciuto, alla sua scomparsa, ha elaborato un lutto personale.

Ieri, 25 giugno 2011, Massimo Ceccarini, primario del reparto di Dermatologia presso l’ospedale di Livorno, uomo di sport, avrebbe compiuto 53 anni e ieri, puntualmente, dopo che la famiglia aveva chiesto che qualcosa fosse inventato per il giorno del compleanno, la direzione dell’azienda Usl 6 gli ha intitolato la sala delle riunioni dell’ospedale dedicandogli una targa che è stata scoperta e letta dalla figlia, un’adolescente dai capelli lunghi sciolti sulle spalle: "Nel giorno del compleanno di Massimo Ceccarini i familiari, i colleghi, gli amici, i cittadini livornesi, vollero porre questa targa in ricordo dell’uomo e del medico che seppe coniugare la passione scientifica con l’impegno civile, la competenza del professionista con l’umiltà dei grandi, la disponibilità verso il prossimo con l’amore per la famiglia e il lavoro".

Certamente, nella storia di una città, il fatto in sé avrebbe potuto riguardare un numero ristretto di persone, o al massimo avrebbe potuto risolversi in una cerimonia commemorativa delle più convenzionali. Ma proprio qui sta il punto: la folla, è proprio il caso di chiamarla così, con autorità pubbliche e private, il senatore Marco Filippi, l’ex sindaco Gianfranco Lamberti, una rappresentanza delle Forze armate, il colonnello della Guardia di finanza Benedetto Lipari e il tenente Caludio Gallù, il direttore generale dell’azienda sanitaria Monica Calamai con uno stuolo di medici, infermieri e suore, amici, tanti amici, si sono stretti intorno ai familiari, dignitosi nel loro sconfinato dolore: la moglie Laura Azzarini, la figlia, la madre Corrada Faini, il fratello Marco Ceccarini, fondatore e direttore della nostra testata nonché del quotidiano online Costa Ovest, con la moglie Daniela Piscitelli.

Ed hanno dato un tale segnale di autentica commozione, che la cerimonia ha travalicato il senso stretto entro cui è nata e ha acquisito quello di consegnare per sempre il dottor Ceccarini alla storia della città, della medicina e dell’insegnamento universitario. Dopo la benedizione alla sala, impartita dal vescovo Giusti, il sindaco di Livorno ne ha rievocato la comune militanza politica (prima nel Pci e nel Pds, poi nei Ds e infine ndel Pd, ndr) e la condivisione del percorso professionale come medico e progetti moderni per la sanità per cui "nella Cgil Medici ci chiamavano Cip e Ciop, ma pensavano anche che fossimo ammattiti".

Il fascino di Massimo stava nelle due anime che vivevano in lui: quella dell’uomo semplice e quella del grande professionista e docente universitaario (insegnava al corso di laurea in Scienze infermieristiche, ndr), qualità che ha conquistato tutti, da Monica Calamai al dottor Adriano Pomponi che l’ha definito "un vulcano di idee, sempre teso a dotare il reparto di macchinari nuovi" e "tenace nella formazione professionale dei nuovi medici", dal dermatologo Giovanni Bagnoni che l’ha definito "collega e maestro" alla neolaureata Elena Marrucci, l’ultima allieva ad aver conseguito con lui in qualità di relatore il titolo universitario. Ed un altro particolare ha svelato l’anima di Massimo. Man mano che dai medici si passava ai ricordi degli infermieri e degli ausiliari, con le loro storie e con i loro apprezzamenti, cresceva in salita la figura di Massimo: "Ascoltava il nostro parere" oppure "non faceva aspettare i vecchi e li visitava anche quando era primario e non toccava a lui" oppure ancora "si toglieva il camice per visitare i bambini, veniva a casa nostra e accettava gli inviti" e inoltre "per me è stato un maestro di vita" o "a lui penso oggi quando devo trovare la forza per entrare in questo ospedale". Ma queste parole Cristiana Becucci e Massimo Busoni, oppure l’infermiera professionale Cristina Valori che di Massimo è stata stretta collaboratrice, le hanno pronunciate con la voce rotta dal pianto, e questo ce la dice lunga. E, complementare a questi ricordi, appare in conclusione quello del fratello Marco, che emozionato, parlando degli ultimi tempi, ha rivelato: "Tristi, ma anche molto belle sono state le notti trascorse con lui quando era ricoverato, e io gli facevo le nottì. Nel silenzio dell’ospedale, insieme, abbiamo ritrovato l’intimità fraterna, la complicità, di quando eravamo fanciulli, di quando dormivamo nella stessa cameretta e ci scambiavamo sogni, speranze e paure".

Ma la vena di Massimo la si ritrova nella bella intervista dal titolo "Io e mio fratello" che gli ha fatto proprio il fratello Marco Ceccarini e che è stata pubblicata su Costa Ovest il 24 febbraio scorso. Forse vale la pena rileggerla.