Esclusiva. Colomba su Vargas: "Proponga il suo spirito battagliero"

10.01.2024 20:58 di  Gianluca Andreuccetti   vedi letture
Franco Colomba
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Franco Colomba
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Livorno – Nato a Grosseto il 6 febbraio di 68 anni fa, Franco Colomba è un grande personaggio del calcio italiano: prima, giocatore icona degli anni Settanta e Ottanta con dodici stagioni in Serie A suddivise tra Bologna (sette) e Avellino (cinque); poi, allenatore di lungo corso in Serie A e in Serie B, dove ha allenato in piazze importanti e raccolto risultati altrettanto importanti in città come Bologna, Livorno, Napoli, Parma, Reggio Calabria e Salerno, solo per citarne alcune.

Tra le tante squadre che Colomba ha allenato vi sono, appunto, la Reggina e il Livorno, che non hanno in comune soltanto la maglia amaranto, ma anche, tra i tanti ex giocatori, Jorge Francisco Vargas che, salvo cataclismi, sarà il prossimo allenatore del Livorno. Per questo, oltre che per il fatto che Colomba è nato a Grosseto e il Livorno domenica affronterà in trasferta i maremmani al "Carlo Zecchini", lo abbiamo intervistato in esclusiva.

Mister, lei è stato il primo allenatore della storia a guidare la Reggina in Serie A e il primo allenatore a guidare il Livorno in Serie A dopo 55 anni di assenza. C’è qualcosa, al di là di questa statistica, che tiene insieme le due esperienze?

“Sono state entrambe esperienze molto belle e formative. Quella di Livorno, purtroppo, è durata poco. Onestamente ancora oggi mi chiedo perché sia durata così, però fa parte degli incidenti del mestiere. L’altra, al contrario, è invece durata ben cinque stagioni: segno che quello che è stato fatto, quello che siamo riusciti a fare, è stato apprezzato negli anni. La differenza è questa, oltre al fatto che sono due piazze assai calorose. Però Reggio Calabria, dico la verità, mi ha regalato delle grandissime soddisfazioni; anche a Livorno c’è un calore pazzesco, però era una piazza troppo altalenante a livello di società, c’era il presidente (Aldo Spinelli, ndr), che era molto incline a modificare e a cambiare, quindi non era facile costruire un percorso, cosa che, invece, con Pasquale Foti alla Reggina è stato possibile. Mi regalò una fiducia importante per un tecnico”.

Nella sua prima stagione in Calabria, la sua strada si incrociò con quella di Jorge Vargas. Come andò l’inserimento del giocatore cileno nel nostro campionato?

“Direi bene. Era un ragazzo calcisticamente intelligente: non era di grande stazza fisica, ma si faceva valere; aveva un senso della posizione importante e un bell’anticipo, era ruvido quando doveva essere ruvido e usciva anche con qualità quando c’era da rilanciare, quindi ricordo che fu veramente una lieta sorpresa nel corso del campionato ed anche successivamente”.

Che ragazzo e che giocatore era Vargas?

“Un ragazzo che ha capito subito com’era il calcio italiano, un giocatore capace di catapultarsi immediatamente nel nostro campionato”.

Dopo aver riportato la Reggina in Serie A nel 2002, la sua strada e quella di Vargas si divisero e si ricongiunsero a Livorno nell’estate 2004. Fu sua la decisione di far arrivare Vargas a Livorno?

“Beh, direi di sì. E devo dire che fu una buona cosa perché Vargas, dovunque abbia giocato, si è sempre fatto apprezzare. Era un giocatore che ci stava bene in Serie A”.

A Livorno il giocatore seppe integrarsi alla perfezione nei meccanismi di gioco della squadra e guadagnarsi l’appellativo di "Ministro della Difesa" in un reparto che annoverava anche Fabio Galante, Alessandro Grandoni, Alessandro Lucarelli e Matteo Melara. Che ricordi ha?

“Ho ricordi bellissimi. Stavamo facendo un ottimo campionato e c’erano le premesse per creare anche lì un ciclo, però ci fu questo cambiamento ed è inutile stare a riparlarne. Però era una buona difesa con dei giocatori di temperamento, intelligenti: lo testimonia la carriera che hanno fatto, ad esempio, Galante e Lucarelli, che ha giocato fino a 40 anni. Erano dei ragazzi in gamba e Vargas era uno di loro”.

E’ rimasto in contatto con il giocatore oppure i vostri rapporti si interruppero allora?

“No, non si interruppero perché in qualche occasione ci siamo reincontrati o sentiti al telefono. Ora, chiaramente, son passati tanti anni, però so che lui si ricorda volentieri di me così come io di lui. C’è una reciproca stima: questo senz’altro”.

Come lo vede nel ruolo di allenatore?

“Non ho avuto modo di valutarlo. Però mi sembra che ne abbia le caratteristiche perché sa come si può dirigere un gruppo così come dirigeva la difesa. Ha personalità ed è di carattere, quindi a mio avviso può avere le carte in regola”.

A Livorno è attesa l’ufficialità dell’ingaggio di Vargas. E siamo nella settimana che fa da prologo a Grosseto-Livorno, la partita più importante della stagione. Quanto è difficile subentrare a campionato in corso in una piazza delusa ed alla vigilia di una partita così difficile?

“E’ chiaro che le partite di cartello, specie la prima, sono sempre quelle che possono incutere timore, ma possono anche dare la carica, sia al tecnico che ai giocatori. Io la penso così. Poi, sicuramente, il Livorno vorrà invertire la tendenza, così come il Grosseto. Sono due piazze toscane, sanguigne, quindi tutte e due vorranno fare bene. Per un allenatore che subentra è stimolante questa cosa”.

Nella sua fin qui breve carriera di allenatore, Vargas ha alle spalle un’esperienza come collaboratore tecnico di Roberto Donadoni in Cina, un campionato di Eccellenza in Calabria con i colori della Vigor Lamezia e un dodicesimo posto in Serie C con la Pro Patria. E’ l’uomo giusto per il Livorno?

“È un ragazzo che si sta proponendo, quindi ha entusiasmo, grinta e temperamento. Dovrà dimostrare tutto questo, però il fatto di avere dei trascorsi in  amaranto non potrà che essere un ulteriore stimolo a fare bene. E’ un allenatore giovane, un ragazzo emergente e la piazza di Livorno è una piazza importante, anche se per ora si trova in categorie non consone al proprio blasone. Ci sta provando e gli auguro tutte le fortune del mondo, onestamente. Se ha l’occasione, me lo saluti”.

Rischia più Vargas scegliendo Livorno o il Livorno scegliendo Vargas?

“Tutti e due allo stesso modo, credo. Entrambi sono consapevoli di avere a disposizione una chance: se gliela offre il Livorno, è una bella cosa perché vuol dire che si è fatto apprezzare in passato ed allora, secondo me, non è questione di rischio: è questione di opportunità e gli auguro di sfruttarla in pieno. Il Livorno dimostra gratitudine a un suo ex giocatore che, evidentemente, è stato apprezzato”.

Cosa vuol dire per un giocatore e per una squadra passare da un allenatore esperto come Giancarlo Favarin a un allenatore alle prime esperienze come Vargas?

“Vuol dire sfruttare a pieno quello che è l’entusiasmo di un giovane che vuole imporsi. Questa è una bella cosa. I risultati aiutano a crescere. Gli auguro di riuscire ad ottenerli il prima possibile”.

Si sente di dare un consiglio a Vargas?
“No, non mi sento di dare consigli. Di sicuro lo invito a ragionare con la propria testa: questo sì. Ma era già difficile fargli cambiare idea da giocatore, per cui sono sicuro che lo farà. Gli auguro anche di mantenere quello spirito battagliero che ha sempre avuto e di metterlo a disposizione dei suoi giocatori”.

Mister, Lei è nato a Grosseto. Il 14 gennaio, allo stadio Zecchini, si confronteranno due squadre e due piazze che, in misura diversa, hanno caratterizzato la sua storia di uomo e di allenatore. Guarderà la partita?

“Non so se avrò l’opportunità di guardarla, però di sicuro andrò a vedere quello che succederà: vinca chi merita sul campo; in ogni caso sarò contento per Vargas, ma sarò contento anche per il Grosseto, quindi non voglio schierarmi da nessuna parte. Lo sport è bello proprio perché, in genere, vince il migliore”.

Per concludere: entrambe partite con il favore dei pronostici, Grosseto e Livorno hanno rispettivamente 33 e 32 punti e stanno faticando al di là del preventivabile nel contendere il primato a squadre come Follonica Gavorrano, Pianese, Seravezza e Tau Altopascio. Non solo, l’allenatore del Grosseto (Vitaliano Bonuccelli, ndr) è stato recentemente confermato dal direttore generale Filippo Vetrini, mentre a Livorno il progetto tecnico si è liquefatto in seguito alla prima sconfitta del 2024. Può darci un giudizio sulle due situazioni?

“Sono situazioni che non conosco bene. Però sono piazze che, quando punti in alto e ti trovi, invece, a non agganciare le prime posizioni, tutto può svanire. Nel calcio, non si vince perché si è favoriti sulla carta e non sempre si riesce ad essere in linea con i programmi: ci vorrebbe pazienza, nel calcio, ma questa pazienza, invece, spesso non è di casa in questo sport”.