Livorno - "Cosa mancava al Livorno per raggiungere la promozione? Beh...mancava Indiani allenatore!". Questa battuta, scherzosa ma fino a un certo punto, è probabilmente il miglior biglietto da visita del nuovo mister amaranto, Paolo Indiani che, sabato 8 giugno, è stato presentato a stampa e tifosi insieme al suo staff. Il nuovo allenatore del Livorno è un big per la Serie D con dieci campionati vinti, l'ultimo due stagioni fa alla guida dell'Arezzo, poi condotto ai playoff alla stagione del ritorno in Serie C.
Indiani, schietto e diretto, non si è nascosto dietro giri di parole e ha subito indicato l'obiettivo: "Livorno è Livorno e per me è un grosso onore essere qui. Tante volte quando sono stato qui da avversario mi sono chiesto se un giorno avrei avuto la possibilità di sedermi su questa prestigiosa panchina. Il giorno è arrivato e non vi nascondo che sono anche un po' emozionato. Faremo di tutto per riportare la città di Livorno dove merita. Sappiamo che ci aspetta un'annata molto difficile ma siamo anche convinti di potercela fare".
Indiani è poi entrato nei primi dettagli della sua nuova avventura. "Per quel che riguarda la rosa - ha spiegato - la priorità è quella relativa alle quote. Sono stra-fondamentali e non vanno sbagliate. Il fatto che quest'anno ce ne sia una in meno mi spiace perché mi è sempre piaciuto lavorare e valorizzare i giovani. Il diritto a sbagliare, a questi ragazzi, deve essere garantito, perché sbagliando si impara, si migliora e di conseguenza poi si può dare un maggior contributo alla causa. Sulle conferme sarei un bugiardo se vi dicessi che non ci abbiamo pensato ma in questo momento ogni discorso è prematuro. Una cosa però deve essere chiara. Voglio gente che quando perde, piange. Un calciatore tecnicamente bravo che non percepisce l'onore di vestire una maglia importante come quella del Livorno non ci serve. La cosa importante è che la squadra sia pronta e completa per il ritiro del 28 luglio".
Il nuovo allenatore amaranto, che con l'Arezzo ha vinto il campionato con il 433 si è poi soffermato anche sull'aspetto tattico: "Lo schema è una base ma non è un dogma. In una partita possono esserci tante partite e se sai giocare in una sola maniera vai poco lontano. Una cosa però posso dirla, poco fa mi sono affacciato al tondino e vedendo il prato del nostro stadio, in questo campo, è davvero meglio se il pallone lo teniamo il maggior tempo possibile noi per giocare la palla a terra e in velocità".
Inevitabile un commento sulla delicata situazione ambientale che sta vivendo il Livorno, con la Curva Nord e buona parte della tifoseria in aperta contestazione con la proprietà, screzi acuiti dalla stagione appena terminata, a dir poco deludente: "Ho un enorme rispetto per la tifoseria perché sono i tifosi che ci mandano avanti. Quel che posso dire, per parte mia, è che voglio una squadra in cui il tifoso livornese possa identificarsi. Un gruppo che se può dare 6,5 lotta per raggiungere il 7. Che alzi sempre l'asticella a un livello sempre più alto rispetto alle sue possibilità. Sarebbe bello essere un elemento di riappacificazione. Ad Arezzo quando son arrivato c'erano 500 tifosi e dissi che il mio obiettivo era vincere con un mese di anticipo e davanti a 5mila persone. Ci sono riuscito, anzi, le persone alla fine erano anche di più. Qui a Livorno voglio fare la stessa cosa: vincere con un mese di anticipo e festeggiare davanti a 10-15mila persone. Perché a Livorno la piazza ha numeri ben più ampi".
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