Non un passo indietro!

17.04.2014 20:24 di  Gianluca Andreuccetti   vedi letture
Non un passo indietro!
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© foto di Federico Gaetano

Roma – Al fischio finale del match di domenica scorsa contro il Chievo Verona, che ci ha consegnato un risultato preoccupante più per la sua dimensione che per il suo scarto numerico, tutte le componenti della Livorno calcistica, dalla tifoseria alla dirigenza della società e alla stampa, salvo poche eccezioni fra cui Amaranta.it, hanno pensato bene di seguire la squadra nella pericolosa china intrapresa da quest’ultima e di gettarsi come un sol corpo nelle braccia dell’autolesionismo. Una volta sancita la chiusura delle ostilità contro la squadra di Eugenio Corini, la Livorno calcistica ha improvvisamente deciso di non farsi mancare niente, come se la sconfitta contro il Chievo avesse sancito la matematica retrocessione degli amaranto in Serie B. Per cui, nel giro di poco tempo, ma in rapida successione, ognuno ha trovato il modo di dare il meglio di sé.

La tifoseria della curva Nord ha preteso delle spiegazioni dalla squadra, quando questa era ancora in campo, e ha riservato insulti e sputi a quei giocatori, ad esempio Bardi e Paulinho, che più le si erano avvicinati per ascoltare le sue ragioni, mentre il resto dello stadio rivolgeva improperi di ogni genere al mister Domenico Di Carlo, che imboccava a capo chino il tunnel degli spogliatoi. Il presidente Aldo Spinelli e il direttore sportivo Stefano Capozucca, dal canto loro, non hanno trovato modo migliore, per risollevare la squadra ed incominciare a pensare alla partita di sabato prossimo contro il Milan, che sparare a zero sulla stessa e sullo staff tecnico, mettendo in discussione la professionalità di alcuni giocatori ed, indirettamente, le capacità tecniche dell’allenatore che questi giocatori si trova a schierare in campo. Infine, la stampa cittadina, nella grande maggioranza dei casi, non si è sottratta a quell’abitudine malsana di mettere in discussione sempre e comunque il tecnico e le sue scelte, andando a sviscerare punto per punto le sue presunte responsabilità legate alla partita.

E’ vero. Perdere fa sempre male e retrocedere dà fastidio a tutti, ma noi siamo il Livorno, per cui non possiamo e non dobbiamo abbandonarci a comportamenti deprecabili che, se compiuti in altri ambiti e non dentro uno stadio, sarebbero puniti a norma di codice penale, e al tempo stesso dovremmo sapere che conservare la categoria in Serie A, quando ti chiami Livorno, è un’impresa improba, nella quale possiamo riuscire solo se remiamo tutti dalla stessa parte e se siamo in grado fino in fondo di accogliere e di sopportare con complicità le carenze tecniche e di esperienza che la nostra squadra non può non avere.

La vogliamo dire tutta, per una volta? Per la maniera in cui è stata costruita, per il modo in cui è stata condotta la campagna acquisti, sia in estate sia in inverno, per la passione del suo presidente troppo poco presente sugli spalti e sulle tribune di mezza Italia, e troppo spesso presente sulle colonne di vari quotidiani sportivi e non, il nostro amato Livorno vale l’ultimo posto in classifica. Se l’undici amaranto non è il fanalino di coda del campionato di calcio ed è ancora in corsa per garantirsi un posto al sole nella stagione 2014-15, lo dobbiamo alle capacità dei nostri ragazzi che vanno in campo alla domenica, alla competenza degli staff tecnici che, ahimè, si sono succeduti e alle lacune, tecniche e dirigenziali, delle squadre che ci seguono in classifica.

Per i processi ci sarà tempo, ma ora il sostegno alla squadra deve essere incondizionato. Chi non se la sente, faccia un passo indietro!