Il filo e la fiammella

21.04.2016 12:46 di  Claudio Marchini   vedi letture
Il filo e la fiammella
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Livorno - La fiammella resta accesa, o se preferite il filo di speranza che ci lascia agganciati al treno della salvezza rimane sottile, ma non si è ancora del tutto spezzato. Ed è bastata una sola vittoria, tanto striminzita, sudata e sofferta quanto meritata, per ridare un briciolo di entusiasmo ai tifosi e un po’ di fiducia alla squadra. Tutti ingredienti assolutamente indispensabili per affacciarsi alla finestra del campionato e vedere ancora all’orizzonte un barlume di futuro, a cominciare dalla battaglia prevista per domenica a Salerno.

Nel calcio i numeri non dicono tutto, però spesso significano tanto. Il Livorno prima di battere il Latina era reduce da cinque sconfitte consecutive, non vinceva da due mesi e mezzo (1 a 0 alla Ternana il 6 febbraio) ed aveva raccolto appena tre punti ( i pareggi casalinghi contro Cesena, Crotone e Virtus Entella) nelle ultime undici giornate. Senza contare che non usufruiva di un calcio di rigore addirittura dalla settima giornata di andata, disputata l’11 ottobre 2015 in casa contro l’Avellino. Arbitraggi sfavorevoli e circostanze sfortunate, certo, ma è anche vero che l’area di rigore avversaria spesso l’abbiamo vista come un puntino nell’Oceano e quando va così è chiaro che le probabilità che i direttori di gara ti spediscano sul dischetto diventano scarse. Perfino i tiri dalla bandierina hanno detto che contro il Latina siamo stati più di là che di qua, visto che abbiamo calciato dieci angoli contro uno soltanto dei pontini. Ed anche questo alla fine ha la sua valenza, perché a Novara, tanto per dirne una, è stato proprio lo sviluppo di un corner a firmare la nostra condanna.

Poi ci sono anche le cose che i numeri non dicono. Dopo una serie di conduzioni tecniche sfortunate, Gelain si è messo in plancia di comando con saggezza e buon senso, costruendo la squadra sulla base di una difesa a tre apparsa più solida, con Emerson che lì nel mezzo è sembrato a casa sua come ai bei tempi, ben supportato da Ceccherini e Vergara; sulle fasce Moscati, partendo dalla panchina, ha dimostrato di essere a destra un’alternativa valida e preziosa a un Antonini in crescita morale e fisica, mentre Lambrughi a sinistra è il solito concentrato di utilità, tanto che è difficile capire perché nel Panucci-bis non giocava; a centrocampo Schiavone è imprescindibile, perché ha corsa e piedi buoni e prima o poi riuscirà anche a trovare quel gol sfiorato diverse volte nelle ultime partite, mentre il trio Luci, Biagianti, Cazzola sembra avere ancora una sufficiente quantità di birra in corpo per rincorrere gli avversari e per dare una mano nella costruzione della manovra; davanti continuiamo a fare una fatica tremenda a trovare il gol, però confortano un Vantaggiato che, almeno su rigore, si è sbloccato e un Aramu che contro il Latina ha forse disputato la sua miglior partita con la maglia amaranto. In attesa del rientrante Comi, un combattente che nelle prossime infuocate sfide farà molto comodo, e confidando sempre di rivedere nel finale di stagione lo stesso Fedato ammirato all’inizio. E quando sei lì a grattare il fondo anche sperare che dai vari Vajushi, Baez e Valoti possa finalmente uscir fuori qualcosa di buono, diventa lecito.

Probabilità di salvarsi senza passare dagli spareggi? Da tifoso diciamo poche, oggettivamente parlando quasi zero. Di andare quanto meno ai playout? Da tifoso diciamo abbastanza, oggettivamente parlando poche. La missione è difficile, difficilissima. Ma non impossibile. Teniamo accesa la fiammella e non facciamo spezzare il filo.