Ciao Abdul, stella perenne

05.08.2016 16:04 di  Paolo Lorenzi   vedi letture
Ciao Abdul, stella perenne

Livorno – Descrivere Abdul Qadir Jeelani non è facile, neppure per un livornese appassionato di pallacanestro. E’ stato probabilmente il più grande giocatore americano (e non) mai visto a Livorno, quello che ha lasciato di più un ricordo indelebile, quello che la città ha riabbracciato dopo tanti anni e una vita quasi sull’orlo del precipizio. Già, una vita che potrebbe anche essere portata sul grande schermo: perché Jeelani (una volta chiamato Gary Cole prima della conversione all’Islam) ha giocato nei Dallas Mavericks due stagioni (a 9 punti di media più 3.5 rimbalzi) dopo la carriera universitaria a Wisconsin Parkside (unico prodotto di livello prodotto da questo ateneo) per poi continuare la sua carriera (e la sua vita) in Europa, in Italia. Due stagioni folgoranti alla Lazio Eldorado Roma (33 punti di media più 12 rimbalzi), quattro grandi stagioni a Livorno in maglia Libertas (a 23 punti più 10 rimbalzi di media, tirando intorno al 60 per cento e migliorandosi anche dalla lunetta).

Tecnicamente era un’ala grande molto atletica, rapidissimo, dotato di movimenti che al giorno d’oggi la maggior parte dei lunghi si sognano: persona molto umana, comunicativa, un sorriso paragonabile a quello di Magic (Earvin Johnson Junior detto Magic Johnson, ndr) che bucava lo schermo e regalava serenità ed allegria. La sua vita lavorativa, dopo il suo ritiro, ebbe un brusco stop ed anche quella personale non è stata molto fortunata. Dispiace leggere in giro articoli dove Abdul Jeelani viene paragonato a un tossico o ad un barbone, quasi come si fosse trattata di una sua scelta di vita: tutto il contrario. Negli Usa quando perdi il lavoro puoi anche finire alla mensa dei poveri. Se qualcuno ha qualche dubbio, si guardi il film di Gabriele Muccino “Alla ricerca della felicità” e si farà un’idea di come sia stata la vita di questo grande campione. Tutto questo fino a quando un italiano di una società che opera nel volontariato, nato a Livorno, non lo trova a questa mensa e lo riconosce e, grazie ad una catena umana nata spontaneamente anche sui social network, Jeelani viene riportato in Italia e gli viene ridata una nuova possibilità. I vecchi tifosi laziali e toscani così lo riabbracciano e rivedono il vecchio, immortale, sorriso (e anche qualche lampo di classe sul parquet). Abdul si è spento improvvisamente, il suo mito invece non si spegnerà mai.